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L'arte
del mosaico fiorentino o "Commesso"
unica al mondo, fiorita 500 anni fa alla corte dei Medici, è
giunta fino a noi grazie ad un pugno di maestri artigiani che l'hanno
tramandata di padre in figlio attraverso i secoli. La tecnica del
mosaico era già conosciuta nelle antiche civiltà,
ma fu in epoca romana e medioevale che si concretizzò e trovò
espressione nell'intarsio. Nel mosaico per creare forma e colori
venivano usati dei piccoli frammenti di pietra chiamati "tessere",
di colore uniforme e privi di sfumature, disposti l'uno accanto
all'altro con forma generalmente prestabilita.
Con l'intarsio il lavoro diventa più dinamico, non più
delle semplici tessere poste su disegni stabiliti, ma una ricerca
di forme e materiali che uniti danno vita a rappresentazioni più
dinamiche. Durante il Rinascimento questa tecnica si evolve ulteriormente
fino a trovare la sua massima espressione nel mosaico fiorentino
o "Commesso". A differenza del mosaico il "Commesso"
è formato da pietre dure e semi-preziose (come
ametiste,
lapislazzuli,
malachite,
diaspro
verde dell'Arno, diaspri colorati, calcedoni, agate,
onici,
etc.) variamente tagliate che sfruttano le sfumature presenti e
si uniscono per comporre un vero e proprio quadro pittorico.
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Nei
secoli successivi vi furono ancora grandi artefici del "Commesso",
ma non si assistette più al grande dinamismo creativo dell'età
di Lorenzo il Magnifico.
La tecnica del "Commesso" è dunque celata nelle
mani del maestro d'arte ed è divenuta parte di esso. Descriverne
le caratteristiche vuol dire quindi raccontare l'esperienza personale
di venti o trenta anni di lavoro. Questa tecnica è rimasta
in massima parte uguale a 500 anni fa.
Le pietre vengono in parte importate o sono il frutto della ricerca
degli stessi artigiani fiorentini sul greto dei torrenti toscani.
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Vengono
successivamente segate in modo rudimentale, fino ad ottenere delle
sezione spesse 3 mm. Il maestro d'arte sega poi a mano i vari pezzetti
avendo come base dei cartoncini disegnati che fungono da modello.
La sega è uguale a quelle usate nel XV secolo: un ramo di
ciliegio piegato ad arco ed un filo di ferro teso agli estremi e
bagnato con acqua e polvere abrasiva. Tutti i pezzi del mosaico
vengono poi incollati con dal mastice su una tavoletta di ardesia
ed infine lucidati.
La lavorazione viene effettuata con infinita cura e pazienza e non
pochi sono gli imprevisti che si incontrano: pietre superficialmente
belle che una volta segate si rivelano piene di sabbia o si sfaldano,
pezzi che una volta tagliati si rompono oppure cambiano colore con
l'esposizione alla luce.
Tutti questi imprevisti vengono abilmente superati dall'esperienza
dei maestri artigiani e in definitiva rendono il pezzo finito ancora
più prezioso. I mosaici fiorentini sono custoditi nei più
famosi musei del mondo: Palazzo Pitti, la Galleria degli Uffizi,
il Prado, il British Museum e molti altri. Oggigiorno sole poche
persone in tutto il mondo praticano quest'arte ed è abbastanza
curioso notare che questa tradizione è sempre rimasta saldamente
ancorata nelle mani dei maestri fiorentini.
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